Terre d'ombra, di Francesco Radino

Francesco Radino, per la mostra "Dalla fotografia d'arte all'arte della fotografia" a cura di Fabio Castelli, Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri, Verona,  2009
Alinari 24 ORE




TERRE D’OMBRA

Ogni narrazione – da quella storica degli Alinari, fino ai linguaggi contemporanei – ha come fine ultimo quello di dare testimonianza del proprio tempo. Nel caso di questo mio viaggio fotografico la narrazione muove per metafore, per balzi concettuali, per assonanze o dissonanze, come in ogni percorso metastorico.
L’immagine, per sua natura, mostra ma non svela, anzi sottomette il mondo alla sua logica, sottraendo o restituendo significato alle cose, proponendo un orizzonte dove la memoria si confonde e il narratore stesso, talvolta, si smarrisce.
Per ritrovare la via ho voluto che queste immagini “prendessero corpo” insieme al mio corpo o a quello di altri compagni d’avventura, attori di questa rappresentazione che affonda le sue radici nel mistero dell’esistenza stessa degli uomini.
Desideravo che fossimo tutt’uno: luoghi, sguardi, pensieri, presenza fisica e mentale, sensibilità, nostalgia, ricordo.
In questo viaggio nelle “terre d’ombra” fra le Vie Cave di Sovana – percorso rituale dei nostri antichi progenitori – prendo coscienza dell’instabilità direzionale del destino e dell’imminente rovina che accompagna ogni vita di ogni essere, della coincidenza fra presente e passato, ove il tempo precipita, perde direzione e sostanza, e dunque cessa, ancor prima di cominciare.


SHADOWLANDS

The object of every form of narration – from the historical narration of the Alinari, up to contemporary languages – is to bear witness to its own time. In the case of this photographic journey of mine, narration moves by metaphor,by conceptual leaps, by assonance or dissonance, as in every meta-historical journey.
The image by its very nature shows but does not reveal, to the contrary it subjects the world to its logic, subtracting or restoring meaning to things, proposing a horizon where memory becomes confused and the narrator himself, at times, goes astray.
To find my way I wanted these pictures to “take on materialize” together with my body or those of other travel companions, actors in this performance whose roots go back into the mystery of the existence of mankind. I wanted it all to be one thing: glances, thoughts, physical and mental presence, sensitivities, nostalgia, memory.
In this journey in the “shadowlands”, in the Vie Cave of Sovana – a ritual path followed by our ancient ancestors, I become aware of the directional instability of fate and the imminent ruin that accompanies the life of every being, of the
coincidence between past and present, where time precipitates, loses direction and substance, and then stops, even before beginning.